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RILEGGERE AGNES HELLER

Se n’è andata come le piaceva fare, nuotando nel lago Balaton. Ha vissuto 90 anni davvero intensi e burrascosi Agnes Heller, una figura importante non solo per la mole di pubblicazioni che ci lascia, ma per una sorta di eresia che l’ha accompagnata dall’Ungheria comunista, all’Australia e agli Stati Uniti, per tornare in una Ungheria irriconoscibile, quella di Orban.

Ebbe un decennio di gloria europea negli anni ’70 per ricercare un volto umano del marxismo, promuovendo la persona, i propri bisogni, i saperi quotidiani, la convivialità. Espulsa dal proprio paese con tutta la Scuola sociologica e filosofica di Budapest, quella gloria evaporò “a sinistra” quando Heller si ritrovò nel liberalismo della Arendt, quasi fosse una tradimento per gli ortodossi marxisti. Lei continuò a indagare l’area dei sentimenti, dei rapporti tra sessi, della bellezza, ma anche i fondamenti di una morale adeguata ai tempi in rapido mutamento.

In Italia fu amica della redazione di “Aut-aut” e dei curatori di sue opere, come Riccardo Mazzeo e Laura Boella. Eppure, al di là delle conferenze universitarie, per decine di anni l’abbiamo dimenticata, così minuta eppure ingombrante. A parte il trittico filosofico uscito negli anni ’90 per ilMulino, va dato atto a singole case editrici “marginali” di avercela riproposto almeno in questi ultimi 5 anni, con opere inedite.

Mi piace segnalare: “Persone perbene” (Edb), “L’antropologia della modernità” (Rosenberg), “Dubitare fa bene” e “Breve storia della mia filosofia”(Castelvecchi), che aveva già riproposto l’originale “Il potere della vergogna” (1983).