(paolo giammarroni). Non accade spesso che un autore o autrice scriva 10 anni dopo un suo successo per proporre non solo chiarimenti, ma importanti correzioni e aggiornamenti anche alla luce di un cambio epocale in corso. Una specie di grido di dolore, assai documentato, non tanto per “salvare” quel primo approccio, ma soprattutto per indicare alcuni vicoli ciechi frutto di approssimazione.
Laura Boella, docente di filosofia morale a Milano, interlocutrice di Agnes Heller e curiosa indagatrice del pensiero del Novecento (Bloch, Simmel, Stein, Zambrano, ma sopratutto Arendt) ha sentito l’urgenza di questo “riposizionamento” per l’esperienza dell’Empatia. In fondo era stata lei a rilanciarne in Italia la portata in chiave filosofica, oltre che psicologica.
Prima ancora di approfondire le proposte contenute nel nuovo Empatie. L’esperienza empatica nella società del conflitto (Raffaello Cortina Editore 2018), conviene delimitare alcune confusioni lessicali seguite all’ avvento di un diffuso, lodevole sentimento di immedesimazione negli altri, oltre che nelle cose. Lodevole quanto inefficace, anche per l’emergere parallelo di pesanti toni di odio ed egocentrismo.
Le sfumature contano, e come. Così è imbarazzante trattare – come un’unica grande cosa tutta “positiva” – sensi di compassione, empatia o simpatia, anche tralasciando sentimenti più forti come l’amore.
La Compassione è un atteggiamento unilaterale: sento di dover condividere la tua sofferenza. Se posso, cercherò di alleviarla, definendola anche Misericordia, tratto forte di Dio. Dunque un sentimento “per”. A volte vivo un forte investimento verso chi non ha mezzi per difendersi, ma – come sostenuto da Kant – la mia risposta compassionevole è per lo più casuale, debole, perché non strutturata, se non quando acquista un valore cosmico (Schopenhauer). Il senso di Compassione aiuta comunque la mia motivazione verso la costruzione di un mondo migliore, anche se non sarà un fondamento della mia morale in senso stretto. È anche un rimedio diretto contro gli attacchi di rabbia. Un’arma di tregua.
La Simpatia va ben oltre, perché è reciproca, anche quando ancora in costruzione. Un sentimento “con”. Non è più considerata oggi, come in Hume, la base delle virtù, ma certo allarga i modi di condivisione di sentimenti, pensieri, intenzioni reciproche. La Simpatia abbassa le resistenze e apre a progetti comuni, avviati anche soltanto da insondabili messaggi del corpo e dell’atteggiamento. Vale come sintonia. Ci riconosciamo con piacere nell’altro, con tutti i rischi del caso… Un bravo oratore o una brillante seduttrice sanno infatti come conquistare e consolidare attraverso tecniche di simpatia.
Meno altruista della Compassione e meno coinvolta della Simpatia, ha molti altri pregi l’ Empatia, ma ancora tante sfaccettature la rendono poco definibile. È un sentimento “aperto”, terreno scivoloso, affascinante, quando a sorpresa “scopriamo” l’altro, abbattiamo alcune barriere, ma tutto può ancora accadere… L’Empatia guarda oltre senza avventure, mentre gode delle prime emozioni provate davanti al nuovo “essere”. Ci apre a strade impreviste, non soltanto esaltanti o sempre condivise. Rinvia sia il giudizio su bisogni che ci erano finora estranei, che il coinvolgimento più “irrazionale”.
Fin qui il tentativo sintetico di ritagliarle un’autenticità non banale. Ma, come dice Boella, il rischio di fare dell’Empatia invece un “ombrello” paratutto è stato forte in questi anni. La si è caricata di una generica spinta al solidarismo e al miglioramento delle relazioni, in tempi sempre più bui. Insomma una moda “buonista” dalla scarsa definizione etico-pratica, mentre la pubblicità ci vendeva emozioni a buon mercato.
Gli psicologi l’hanno enfatizzata come una sorta di “contagio emotivo” che sfocia anche nel sapersi mettere nei panni degli altri: ma perché l’altro non ci ricambia allo stesso modo? Come accettarlo? I medici interessati al coinvolgimento del paziente la utilizzano come lenitivo allo strapotere tecnologico e diagnostico. I neuroscienziati l’hanno indagata come fosse un’abilità personale, capace di entrare in azione a comando: ma le risposte empatiche continuano ad essere variegate; non sappiamo neanche se sia vero che l’Empatia è un mondo prevalentemente femminile.
In chiave filosofica, l’empatia fu definita già nel 1917 da Edith Stein come un problema. Un sentimento di valore sociale, ma dal ruolo indeterminato. Ritroviamo in queste pagine i contributi di Theodor Lipps, Max Scheler, Daniel Batson, Alvin Goldmann, e altri, anche a superamento della lettura della Stein.
Nel solco dei filosofi fenomenologici, Boella già 10 anni fa precisava la fondamentale non-confusione empatica tra io e l’altro, così come tra la vera e propria identificazione e invece un promettente accogliere la dimensione dell’incontro, con tutte le sue conseguenze. L’unicità dell’altro – in chiave empatica – è uno specchio: un laboratorio per cogliere cose di sé stessi, prima ancora del saper “spogliare” le intenzioni altrui.
Questo tesoretto di interpretazioni purtroppo è stato via via annacquato. Questo libro parte dallo smontare le enfasi su un’Empatia epocale, tutta segno di solidarietà e creatività, anche quando spinta dai social e dalla comunicazione d’impresa. Quanto certe visioni idilliache aiutano davvero la nostra convivenza? Non a caso esiste ormai una corrente apertamente anti-empatia contemporanea, che richiama all’antica e indeterminata relazione faccia-a-faccia, senza scorciatoie ideologiche o multimediali. Ci può arricchire l’incontro tra diversi, non l’appiattimento.
Serve perciò, secondo Boella, “un cambiamento di paradigma”, cioè una diversa attenzione a ciò che l’empatia può aprire anziché chiudere, dunque a nuove relazioni capaci di muoversi “tra le asimmetrie degli investimenti emotivi e dei rapporti di potere”. Un’accettazione piena della diversità, delle difficoltà di chi tende a sentirsi empatico.
La prima proposta è di riconoscere l’Empatia al plurale: non soltanto per la sua maggiore o minore valenza etico-politica. Più che ricercarla in una precisa qualche funzione mentale (percezione diretta) o abilità costruita, si tratta più che mai oggi di vederne l’azione nelle concrete esperienze di vita. Empatie, appunto. Anche in assenza di una vera teoria condivisa per definirla.
Delle Empatie sono frutto non solo avvicinamenti e “comprensioni”, ma anche insospettate potenzialità e imprevisti fallimenti. Io e l’altro non siamo uguali, ma soprattutto siamo sempre su piani diversi, che solo l’incontro potrà decifrare e indirizzare. Non basta un bel sorriso – sempre e comunque – a far scattare Empatia. Nulla è “neutro” in questo presente che si sta creando. Tutto è in gioco, senza appropriazioni, e può riaprire barriere.
Persino la vicinanza emotiva alla Shoah o altre tragedie è stata oggi messa in discussione perché troppo “fragile”. Ma la forza dell’Empatia non è tanto nel suo generico valore umanizzante, ma nella crescita di una sensibilità alta, dovuta al capire di non essere soli al centro del mondo. Ti “scopro”: te, o la tragedia, o il dilemma di come la realtà possa stare insieme; senza misurare l’astratta competitività dell’Empatia rispetto ad altri sentimenti, o ridimensionarla in ambiti che sembrano fallimentari.
La ricerca di Boella viene completata perciò con due filoni inediti: l’Empatia senza simpatia e l’Empatia negativa. È la vera novità della sua ricerca. Attraverso analisi di intrecci narrativi e di casi giudiziari, la pratica empatica ritrova, oltre che una sua umanità, tutta la necessità di una gestione dei suoi “sentieri interrotti”.
Lo stile si sposta verso certe pagine di Agnes Heller (il Simposio, i Dialoghi), lungo le sollecitazioni della Nussbaum, muovendosi tra trame di romanzo che ci sollecitano psicologicamente, o vicende di tribunali con complesse persone sotto accusa da conoscere anche se lontane da noi. Storie spesso al negativo, ma non per spiegare così la caduta di empatia: anzi una nuova soglia da cui interrogarsi.
Boella offre campi di ricerca e dunque evita qui comode conclusioni. Dietro questo maggior realismo nella descrizione empatica c’è comunque sempre il profumo di quello che la Heller chiamava “ottimismo antropologico”. Scaviamo nelle relazioni perché c’è curiosità (o bisogno) di capire.
Certo molti possono essere delusi nel trovare anche su questo terreno arricchente le crisi, i ripensamenti, le delusioni di tante esperienze “normali”. L’Empatia però continua a vivere come uno stimolo etico, sia pure non cieco o autogratificante.
Vedremo come evolverà questo ripensamento intellettuale, specie in quei sociologi faciloni alla Rifkin che pochi anni fa annunciavano un’evoluzione della specie, tutta in positivo, tutta pro-attiva , tutta gloriosamente empatica (c’era anche chi li definiva come i più “pacifici della Storia”…).
A mio modo di vedere, questa Empatia “pratica e realistica”, non più lasciata in mano ai consulenti della mindfulness alla moda e alle corte certezze dei neuroscienziati, può invece sposarsi ad una riflessione altrettanto laica, ma nel solco della spiritualità (non soltanto orientale).
L’incontro “guidato” con l’altro può irrobustirsi infatti da nostre esperienze di Consapevolezza. I passi da sperimentare sono vari, non soltanto grazie alla Meditazione e alla Contemplazione. Dal nuovo incontro acquisire valori e saggezza, oltre il fascino. Fuggire i condizionamenti nei gesti e nelle parole. Comprendere senza pre-giudizi. Osservare l’altra faccia delle cose. Rallentare per chiarirsi. Non fidarsi delle prime impressioni. Sentirsi chiamati ad una causa senza schierarsi ideologicamente. Gustare un desiderio condivisibile con un altro, senza imbrigliarsi in un obbligo.
Insomma: curare di più – mentre indaghiamo la vita altrui che ci sta interessando – quello spazio condiviso tra corpi e menti che chiamiamo Presente, tanto più dentro questo indefinibile intrico della Modernità, dai suoi confusi protagonisti. Cinquanta sfumature di Empatia? Empatie, forse più faticose, ma altrettanto vitali. Non soltanto sfumature o tattiche psicologiche, ma riconoscimento profondo dell’esistenza di altri vissuti.
Provo a riassumere con uno slogan di gusto letterario. L’ “antica” Empatia allo stato nascente – tra sogni di pacificazione e complicità tutto cuore – mi spingeva all’ immedesimazione e a confessarti:” Quante cose abbiamo in comune!”. Le nuove Empatie – forse meno coinvolgenti, ma più attente e forse durature – possono intanto aiutarmi a dirti, in semplicità:” Sì, ti capisco”.
LAURA BOELLA, Empatie. L’esperienza empatica nella società del conflitto, R.Cortina 2018. Inoltre:
L. Boella, Neuro-etica, ed.Cortina 2008
L. Boella, Sentire l’altro, ed.Cortina 2006
H. Arendt, Vita activa, Bompiani 1984
H. Arendt, Vita della mente, ilMulino 1987
C. Feldman, Compassione, ed.La Parola 2007
T.N. Hahn, Insegnamenti sull’amore, Neri Pozza 1999
A.Heller, La bellezza della persona buona, (saggi 1993-2008), Diabasis 2009
A.Heller, Dove sono di casa (lezioni pisane 1993-98), F.Angeli 1999
M.L. Hoffman, Empatia e sviluppo morale, ilMulino 2008
L. Hunt, La forza dell’empiria, Laterza 2010
T. Merton, Nessun uomo è un’isola, Garzanti 1956
M.C. Nussbaum, L’intelligenza delle emozioni, ilMulino 2014
C. Pensa, Il silenzio tra due onde, Mondadori 2008
J. Rifkin, La civiltà dell’empatia, Mondadori 2011
M. Scheler, Essenza e forme dell’empatia, F.Angeli 2010
H.R. Stueber, L’empatia, ilMulino 2010