THICH NATH HANH poesie nella dimensione assoluta

(Le poesie di questa sezione hanno un riferimento più debole a fatti “storici” e ruotano attorno alla dimensione della contemplazione, della meditazione, delle percezioni erronee, alla vita del monaco e del praticante).

Il suono di un grande uccello – Molla la presa – Vera fonte – Cercandoci – Un lontano mattino d’autunno (a mia madre) – Scomparsa – Gocce di vacuità – L’illusione trasformata – Padmapani – Strani lidi – L’abbraccio della poesia – Essere una cosa sola – Vecchio mendicante (Buddha) – Poesia d’amore – Tu sei il mio giardino – Disinnescami – Fermare la ruota – Guardando la luna – Girasole – Nascita e morte – Entrare nella corrente – Angoli zen – NonRaneità! – Andare in cerchio – I bambini dell’arcobaleno – La nostra vera eredità – Le buone notizie – Bhumisparsha – Prendere rifugio – A ogni passo. 

 

IL SUONO DI UN GRANDE UCCELLO – THE SOUND OF A GREAT BIRD

Sul vecchio sentiero

tante impronte –

il profumo del tempo non sa di viola,

il profumo del tempo non è il colore del cielo.

 

Davanti a me polvere,

muschio sulle pietre aspre,

fuliggine sul legno antico –

il tempo non scorre.

L’illimitato è concentrato –

sopra la mia testa, il suono turbinoso di ali di uccelli di passo.

 

Nella sua mano si condensa il potere

di aprire o chiudere.

Lasciate che il vagabondo torni al punto di partenza.

Oggi mi ritrovo tutto solo

davanti a questi bivi

ohe offrono tutti apertura e chiusura,

salite e discese.

 

In un attimo sorprendente

l’eco delle epoche,

il suono dei passi in cammino,

proiettato verso il presente

mi scuote e

mi risveglia.

(trad. Paolo Giammarroni)

TNH: “Chi apre… chi chiude – questa è la Via”, dice un brano del Tao Te Ching. Ho scritto questa poesia insieme a “Un cenno” (Beckoning).


MOLLA LA PRESA – UNCLASP

Spiaggia deserta,

impronte sulla sabbia

cancellate dalla pioggia…

C’è un’ angoscia che viene da chissà dove

e deve ancora toccar terra.

 

Ma ecco sento un sussurro lontano

dai venti preziosi di Primavera:

e l’angoscia scompare.

 

  1. TNH: Pochi respiri consapevoli possono trasformare il senso di ansia. Inspiro, espiro e l’ansia – nuvola che vorrebbe atterrare su di me – svanisce.

VERA FONTE – TRUE SOURCE

 

  • Dove troverò la catena dell’Himalaya?

In me è un monte pieno di grazia,

s’erge possente,

si perde nella foschia tra le nuvole.

Scaliamo insieme quella montagna senza nome,

sediamo su rocce turchesi senza età,

nella quiete osserviamo il tempo

tessere la tela di seta

che crea la dimensione di nome Spazio.

 

  • Dove scorre il Rio delle Amazzoni?

In me trova la sua sinuosa via un fiume.

Non so dalle profondità di quale montagna sgorghi.

Giorno e notte fluiscono le sue acque argentate

verso mete non stabilite.

Navighiamo insieme le sue correnti impetuose,

per trovare uniti la nostra via

alla meta comune a tutti gli esseri del cosmo.

 

  • Quale galassia chiamerò Andromeda?

In me procede silenzioso

un fiume di stelle, lucenti, infinite.

Voliamo insieme, apriamo uno squarcio nella rete del cielo,

facciamoci strada sul sentiero di nuvole.

Il suono del battito delle vostre ali raggiungerà

anche il più lontano pianeta.

 

  • Quale specie chiamerò Homo sapiens?

In me c’è un bambino.

La sua mano sinistra

solleva il velo della notte.

Nella destra tiene per lume un girasole.

I suoi occhi sono stelle.

Volano al vento i suoi capelli, si arricciano

come nuvole in un pomeriggio tempestoso sulla foresta antica.

Avviciniamoci, chiediamogli insieme:

“Cosa cerchi? Dove vai?

Qual è la vera fonte? Quale la destinazione finale?

Quale la strada verso casa?”.

Ecco che il piccolo sorride.

D’improvviso nella sua mano il fiore

diviene uno splendente rosso sole.

E il bambino continua ad andare, solo,

sul suo sentiero stellare.

(trad. Cristiana Munzi)

TNH: Ho scritto questa poesia nel 1977. L’ho messa in musica dopo un ritiro tenuto a Rio de Janeiro, in Brasile, prima di tornare in volo a Parigi. L’ho finita in aereo.

 ——–

CERCANDOCI – LOOKING FOR EACH OTHER

Onorato dal mondo,

sin da bambino ti ho cercato,

Sin dal primo respiro,

Beato, ho udito il tuo richiamo,

e da allora ti ho inseguito.

Per tanti sentieri incerti ho camminato,

tanti pericoli ho affrontato.

Disperazione, paura, speranze, ricordi, tutto questo ho sopportato.

Ho percorso le terre più lontane, selvagge e sconfinate,

ho navigato per vasti oceani,

e superato le più alte cime, perdute tra la nuvole.

Ho giaciuto morto, totalmente solo,

su sabbie di deserti antichi.

Nel mio cuore ho trattenuto così tante lacrime di pietra.

 

Beato, ho sognato di bere gocce di rugiada,

di luce da remote galassie scintillanti.

Ho lasciato impronte su montagne celestiali,

dal profondo dell’inferno Avici ho lanciato le mie grida.

Esausto, folle di disperazione,

perché affamato ed assetato.

Per vite innumerevoli

ho desiderato vederti,

senza sapere però dove cercarti.

Pure, ho sentito sempre la tua presenza misteriosamente certa.

 

Lo so, io e te siamo stati uniti

da infinite vite,

tra noi non c’è che il lampo di un pensiero.

Proprio ieri camminavo solo,

tra le foglie d’autunno del vecchio sentiero,

la luna luminosa sospesa oltre il cancello

apparve d’improvviso come un vecchio amico.

Ogni stella lo diceva che eri lì davvero!

Tutta la notte continuò a cadere la pioggia della compassione,

lanciando bagliori e lampi attraverso la finestra.

Scoppiò un violento temporale

come fossero in guerra cielo e terra.

Infine in me smise di piovere, si schiusero le nuvole,

la luna nuovamente risplendeva,

emanava calma e pace in terra e cielo.

Nel suo specchio

d’improvviso vidi me

e sorridere te, Beato.

Come era strano!

 

La luna della libertà mi ha ridonato

tutto ciò che credevo perduto.

Da allora e sempre nulla è mai passato.

Nulla deve essere riparato.

Ogni fiore, sasso, foglia mi conosce.

Ovunque guardi, vedo in te sorridere

il sorriso di non-nascita e non-morte,

il sorriso ricevuto dallo specchio della luna.

Ti vedo ora seduto, solido come il Monte Meru,

calmo come il mio respiro,

sedendo come se mai fossero scoppiate tempeste infuriate ed infuocate

sedendo in pace e libertà complete.

Infine, ho trovato te, Beato,

e ho trovato me.

E là io siedo.

 

Cielo blu, profondo,

vette innevate contro l’orizzonte,

il sole rosso splende e canta gioia.

Tu sei il mio primo amore, Beato

l’amore sempre puro, rinnovato e fresco e sempre qui presente.

Mai avrò bisogno di un amore che sarà chiamato ‘ultimo’.

Tu sei la fonte del ben-essere e scorri per infinite vite inquiete.

L’acqua della tua corrente spirituale è sempre pura, appena nata.

Tu sei la fonte della pace,

della solidità, della libertà interiore.

Sei il Buddha, il Thathagata.

Con mente concentrata

faccio voto di nutrire in me la tua solidità e libertà

in modo da poterle offrire a innumerevoli altri,

ora e per sempre.

(trad. Cristiana Munzi)

NdC:

Aviri: il livello più profondo dell’Inferno induista e buddhista.
Monte Meru: è una montagna sacra della mitologia induista e buddhista; alta 80.000 leghe (circa 450.000 km) si trova al centro dell’universo, nel continente mitologico Jambudvipa. Molti templi induisti, come il tempio di Angkor Wat in Cambogia, sono stati edificati come rappresentazioni simboliche del monte.

IN UN LONTANO MATTINO D’AUTUNNO (NdC: a sua madre)  – THAT DISTANT AUTUMN MORNING

 

Fanno sette anni.

Percepisco ancora la fragranza dell’essenza di sandalo.

E l’immagine di te, Madre,

è più viva che mai.

Era un mattino d’autunno,

assolato ma freddo.

Hai deciso di tornare

al luogo da cui eri venuta.

Scuotendo il corpetto del tuo vestito lungo e logoro

hai posato il tuo fardello

di dolore e di tristezza.

Non piansi.

 

Appariva così strano il mondo.

Te ne andasti col cuore ancora sanguinante.

La mia tonaca da monaco era carezzata dal vento del mattino.

Il sole era dorato.

Il cielo blu.

Le montagne alte.

Ed ecco lì la tua piccola tomba nella terra, appena preparata.

Quando se ne furono andati i pochi che mi avevano seguito,

solo, ho parlato con te della vita.

Il mio cuore era spezzato,

ma ero in pace.

 

Hai sofferto, Madre,

e l’esistenza fu troppo gravosa per le tue spalle.

 

Fanno sette anni.

Da allora tante volte sei tornata da me

e ogni volta così viva.

Oggi ho versato per te una lacrima di ricordo e compassione.

Voglio condividere la tua tristezza

col cuore di un bambino.

Con l’esistenza ancora sulle spalle,

torno a quel mattino d’autunno,

a quel lontano mattino d’autunno,

saturo del profumo dell’essenza di sandalo.

Vedi? Ora sono su quell’alta montagna,

abbracciato da un sole fulgente.

 

Ti prego, stai con me l’intera giornata, Madre.

Non so dove mi porteranno le cose della vita domani,

ma so che tu sei realmente qui.

Mio amore vero,

voglio piangere in silenzio,

la testa avvolta dalle mie braccia,

tutte le volte che torno alla dolce madre-terra dell’infanzia.

 

TNH: Ho scritto questa poesia sette anni dopo la morte di mia madre. Tre anni prima avevo fatto un sogno in cui avevo visto mia madre – giovane, vivida, allegra e bellissima, con lunghi capelli neri. Svegliandomi, a mezzanotte, sono uscito nel giardino illuminato dalla luna e ho scoperto che mia madre non era morta. Questo accadde mentre ero al Tempio di Bao Loc, negli altopiani del Vietnam Centrale.

(trad. Annalucia Accardo –  Paola Tedeschini Lalli)

———-

SCOMPARSA – DISAPPEARANCE

 

Le cime delle foglie si inchinano

sotto il peso della rugiada.

I frutti maturano

nell’alba della Terra.

I narcisi si illuminano nel sole.

Il sipario di nuvola sulla soglia

del viottolo dell’orto inizia a spostarsi:

risparmia l’infanzia,

la via dell’illusione.

 

A tarda notte,

sgocciola la candela.

In un lontano deserto

si schiude un fiore.

E in un qualche altrove,

un freddo astro

che mai aveva conosciuto

un campo di manioca,

né giardini di palme di areca,

né mai aveva conosciuto la gioia di vivere,

proprio in quell’istante scompare –

eterna bramosia dell’uomo.

 

(scritta intorno al 1966)

(trad. Annalucia Accardo –  Paola Tedeschini Lalli)

GOCCE DI VACUITA’

DROPS OF EMPTINESS

 

Il mio cuore trae refrigerio

da gocce di vacuità.

All’improvviso vedo

che la mia barca ha attraversato il fiume

e ha raggiunto la sponda del non-attaccamento.

Sabbia tenera, spiaggia vuota,

antiche promesse …

 

(scritto intorno al 1966)

(trad. Annalucia Accardo –  Paola Tedeschini Lalli)

L’ILLUSIONE TRASFORMATA – ILLUSION TRASFORMED

 

Pesanti palpebre dell’orizzonte,

montagne inclinate,

che reclamano riposo dal cuscino della Terra –

al cader della notte

erba e fiori profumano il sonno.

 

L’illusione si libera dei veli.

 

Il vento le solleva le mani.

Candele di giada

brillano nel fiume argentato del cielo.

La porta aperta sul pendio

incornicia una stella cadente, che col suo fuoco

scrive parole sacre.

Diecimila vite volteggiano,

circondando l’illusione del sogno.

L’attimo di questa notte

rivela

la verità del mondo.

 

(scritto all’eremo di Fontvannes, 1970)

(trad. Annalucia Accardo –  Paola Tedeschini Lalli)

NdC: FONTVANNES: è il borgo a 150 km da Parigi dove ai primi anni 70 TNH avviò un minuscolo eremo che si sarebbe chiamato “Patate dolci”. Tutti i fine settimana la piccola comunità per quattro anni si recò nella baracca sulla collina e la trasformò in qualcosa di abitabile e prezioso. Patate dolci è considerato il primo embrione monastico della Unified Buddhist Church vietnamita.


PADMAPANI – PADMAPANI

 

Fiori in cielo.

Fiori sulla Terra.

Sbocciano loti come gli occhi del Buddha.

Sbocciano loti nel cuore dell’uomo.

Tenendo con grazia in mano un loto,

il bodhisattva porta alla luce un universo d’arte.

Nei prati del cielo germogliano le stelle.

La luna è già alta, sorridente, fresca.

Il tronco color di giada di un cocco

si protende e attraversa il cielo a notte alta.

La mia mente, viaggiando in leggerezza e vacuità,

coglie l’Unicità, sulla via di casa.

TNH: Ho scritto questa poesia dopo aver visitato le grotte di Ajanta, in India, nel 1976.

(trad. Annalucia Accardo –  Paola Tedeschini Lalli)

STRANI LIDI – STRANGE SHORES

 

Si tenta di afferrare lo spazio

e cederlo nuovamente.

I colori cercano di spartirsi la luce,

e un tappeto di nuvole si srotola sotto i miei piedi.

Lungo un sentiero abbandonato, vedo attraverso la mia anima

e il vero volto di vite precedenti si rivela

nel momento presente.

E’ aperta la finestra del tempo,

sicché il velo del ricordo galleggia nel vento,

nel sole, nel verde.

 

Vedo un’eterna Primavera

sulla catena dell’Himalaya.

C’è un prato mai visto da alcuno,

di erba che è sempre fresca.

Le stelle appaiono qui e là nel cielo,

come piccoli fiori di viola e d’oro.

L’uomo mordicchia un dito per concentrarsi.

La mia barca è appena approdata a uno strano lido,

in perfetto silenzio alla luce delle stelle.

Parla un bambino.

E’ quello un mondo amico?

Ascoltate.

 

La mia anima continua il volo.

Il permesso non è stato concesso.

Il comandante si è trovate le mani legate strette dal filo del tempo.

All’improvviso sento il soffio del vento.

Il grande uccello ha appena dispiegato le sue immense ali.

Ora lo spazio è tutto tuo!

Dove vai?

Una stella lontana chiama.

Il pianeta si sente come inutile,

ma il cielo e le nubi sembrano ancora benevole.

La nebbia sale sulla superficie del fiume.

Si radunano le nubi della sera.

 

Lì ad attendermi

mia madre e mio fratello più giovane.

 

A mezzodì,

il profumo dell’areca in fiore

e il suono stridulo che accompagna un’amaca

suggerisce il bisogno di cibo.

Io rimango seduto, ho sonno.

Lì fuori anche la luna si appoggia a una montagna.

Chi sei, giovanotto?

E’ successo che stamane noi ci si dovesse conoscere.

Ora lui posa il suo capo su un cuscino.

Il pensiero è come un lungo filo.

Il baco con la propria essenza setosa

si costruisce una prigione.

Il vento continua a sussurrarmi all’orecchio.

Un biscottino,

una tazzina di caffè.

Mi ritrovo semi- risvegliato.

 

L’assistente di volo cammina come su una nuvola.

(trad. Annalucia Accardo –  Paola Tedeschini Lalli)

L’ ABBRACCIO DELLA POESIA, LE GOCCE DEL SOLE – Armfuls of Poetry, Drops of Sunshine

 

La luce del sole cavalca lo spazio; la poesia, la luce del sole.

La poesia dà vita alla luce del sole e la luce del sole genera poesia.

 

Sole, preziosamente custodito nel cuore del melone amaro.

Poesia, fatta del vapore della calda  zuppa d’ inverno.

Il vento là fuori è in agguato: turbina.

La poesia torna a inseguire le vecchie colline e le praterie.

L’umile capanna dal tetto di paglia è ancora li,  sulle rive del fiume, che aspetta.

 

La primavera porta poesia nella sua pioggia leggera,

Il fuoco brilla di poesia nelle sue fiamme arancio.

 

Luce del sole racchiusa  nel cuore del legno resinoso,

tiepido fumo che riconduce la poesia verso le pagine

di un libro di storia non ufficiale.

Luce del sole, che se – pur assente dallo spazio –

riempie la stufa colorata ormai di rosa.

 

La luce del sole esce e prende il colore del fumo;

la poesia, nella sua quiete, il colore dell’aria brumosa.

 

L a pioggia di primavera trattiene la poesia nelle sue gocce

che si chinano a baciare la terra,

così che i semi possano germogliare.

Seguendo la pioggia , la poesia arriva a prendere dimora in ogni foglia.

La luce del sole acquista il color verde, la poesia diventa rosa.

Le api consegnano il calore della luce del sole ai fiori,

portandolo tra le ali. Sulle orme

della luce del sole nella fitta foresta,

la poesia beve quel nettare con gioia.

Con l’eccitazione di una festa,

farfalle e api affollano la Terra.

La luce del sole offre la danza, la poesia il canto.

 

Gocce di sudore cadono al suolo.

La Poesia vola lungo i solchi.

Con la zappa sulla mia spalla, la poesia scorre nel respiro,

la luce del sole cala via lungo il fiume

e la sagoma del tardo pomeriggio indugia, riluttante.

La poesia se ne va dall’orizzonte

dove il sole, Re della Luce, si ritira sotto le nuvole.

 

Un sole trovato verde in una cesta di frutta fresca,

un saporito sole che profuma delizioso e bencotto in una ciotola di riso.

La poesia guarda con gli occhi di un bimbo.

La poesia sente con un viso scolpito dalle stagioni.

Poesia che è in ogni sguardo attento.

Poesia – mani che lavorano la povera e arida terra da qualche parte, lontano.

 

Il sole sorridente sta illuminando il girasole,

il sole pieno e maturo si nasconde in una pesca d’Agosto.

Poesia che segue ogni passo in meditazione,

poesia che mette in fila le pagine.

 

Con discrezione,

in un pacco di  cibo, intatto,

la poesia nutre l’amore……

 

TNH: La poesia, tradotta dal vietnamita da Hoang Thi Van contiene in sé molto “Interessere”. Il sole è verde perché lo riconosci nella verdura. La poesia nasce dal legno che arde nella stufa. Senza di lui non avrei potuto scrivere. Le ultime righe parlano del lavoro svolto a favore dei bimbi affamati. Abbiamo usato questa poesia come augurio per l’Anno Nuovo.

(trad. Piero Graziosi Schneider)

ESSERE UNA COSA SOLA – ONENESS

Nel momento in cui muoio,

cercherò di ritornare da te

il più veloce possibile.

Prometto che non ci vorrà molto tempo.

Non è forse vero che

sono già con te,

mentre muoio in ogni momento?

Ritorno da te

in ogni momento.

Basta guardare,

sentire la mia presenza.

Se vuoi piangere,

piangi pure.

E sappi

che piangerò con te.

Le lacrime che versi

ci guariranno entrambi.

Le tue lacrime sono le mie.

La terra che calpesto questa mattina

trascende la storia.

La primavera e l’inverno sono presenti entrambi nel momento.

La foglia giovane e la foglia morta sono in verità una sola.

I miei piedi toccano l’assenza di morte,

e i miei piedi sono i tuoi.

Cammina ora con me.

Lascia che entriamo nella dimensione di essere una cosa sola

e che vediamo il ciliegio fiorire in inverno.

Perché dovremmo parlare della morte?

Non ho bisogno di  morire per essere di nuovo con te.

(trad. Bar Zecharya)

IL VECCHIO MENDICANTE (Buddha) – THE OLD MENDICANT

 

Essendo roccia, essendo gas, essendo foschia, essendo Mente,

essendo i mesoni che viaggiano fra le galassie

alla velocità della luce,

sei venuto qui, mio amato.

E i tuoi occhi azzurri risplendono, così belli, così profondi.

Hai preso il tragitto per te tracciato

dal non-iniziato e dal mai-finito.

Dici che qui  sulla tua strada

hai attraversato

molti milioni di nascite e di morti.

Innumerevoli volte sei stato trasformato

in tempeste di fuoco nello spazio.

Hai usato il tuo corpo

per misurare l’età delle montagne e dei fiumi.

Ti sei manifestato

come alberi, erba, farfalle, esseri monocellulari

e come crisantemi.

Però gli occhi con cui mi guardi questa mattina

mi dicono che non sei mai morto.

Il tuo sorriso mi invita al gioco

di cui nessuno conosce l’inizio,

giocare a nascondino.

 

O bruco verde, usi solennemente il tuo corpo

per misurare la lunghezza del ramo della rosa che è cresciuta l’estate scorsa.

Tutti dicono che tu, mio amato, sei appena nato questa primavera.

Dimmi, da quanto tempo sei in giro?

Perché aspettare fino a questo momento per rivelarti a me,

portando con te quel sorriso che è così silenzioso e così profondo?

O bruco, ogni volta che espiro

soli, lune e stelle scorrono via.

Chi sa che l’infinitamente grande si trova necessariamente

nel tuo piccolo corpo?

Su ogni punto sul tuo corpo,

sono fondati migliaia di campi del Buddha.

Con ogni stiramento del tuo corpo, misuri il tempo

dal non-iniziato al mai-finito.

Il grande mendicante dei tempi antichi è ancora là sul Picco dell’Avvoltoio,

contemplando il tramonto sempre splendido.

 

Gautama, che strano!

Chi ha detto che il fiore del Udumbara sboccia

solo una volta ogni 3.000 anni?

 

Il suono del marea crescente – non puoi non sentirlo

se hai un orecchio attento.

 

TNH: Questa “poesia d’amore” come la chiama Joanna Macy, ha a che fare con il volto originario.  Nel Buddhismo quando un maestro dice al suo allievo: “mostrami il tuo volto originario,” questo è un invito a scoprire la propria natura dell’interessere.  “Mio amato, sei venuto dal minerale, dal gas, dalla foschia e dalla coscienza.  Hai attraversato molte galassie alla velocità della luce.  E il non-iniziato e il mai-finito si sono uniti per tracciare la tua via.  E ora sei un bruco.  Guardo dentro di te e lo riconosco.  Sebbene sembri piccolo, hai creato una tempesta di fuoco nello spazio.  E hai misurato l’età dei fiumi e delle montagne con il tuo piccolo corpo.”  L’infinitamente piccolo contiene l’infinitamente grande.  Praticare la meditazione è come cercare il tuo amato. Il vecchio mendicante Shakyamuni Buddha è ancora seduto lì.  Non pensare che sia scomparso.  Sta ancora contemplando il bellissimo tramonto.  Il suo insegnamento è ancora forte, come il suono della marea, se hai l’orecchio che lo può sentire.

 Ho visitato nel 1968 il Picco dell’Avvoltoio. Una volta di primo mattino mi sono trovato a contemplare il tramonto con gli occhi del Buddha. Quando alcuni di noi siamo andati insieme nel 1988 ho sentito di nuovo la stessa cosa.  Questa poesia è stata scritta nel 1970.

(trad. Bar Zecharya)

POESIA D’AMORE – LOVE POEM

 

I tuoi occhi sono composti dai sei elementi –

terra, acqua, fuoco, aria,

spazio e coscienza.

Sono fatti solo da essi,

però sono bellissimi.

Dovrei farli miei?

Dovrei provare a farli durare a lungo?

Dovrei provare a farne una riproduzione?

Però so che ciò che potrei riprodurre

non sarebbero i tuoi veri occhi.

 

La tua voce è composta dai sei elementi,

ma è davvero splendida.

Dovrei provare a farla mia?

Dovrei registrarla?

So però che ciò che potrei afferrare o registrare

non sarebbe la tua vera voce.

Ciò che otterrei sarebbe solo un’immagine,

un nastro magnetico,

un dipinto

o un libro.

 

Il tuo sorriso è composto dai sei elementi,

però è davvero meraviglioso.

Dovrei provare a farlo mio?

Dovrei provare a farlo durare a lungo?

Dovrei provare a possederlo o registrarlo?

So però che ciò che potrei possedere o registrare

non potrebbe essere il tuo vero sorriso.

Sarebbero solo alcuni degli elementi.

 

I tuoi occhi sono impermanenti,

i tuoi occhi non sono te.

Sì, mi è stato detto,

e l’ho visto,

sono però comunque bellissimi.

 

Proprio perché sono impermanenti,

sono ancora più belli.

Le cose che non durano a lungo

sono le cose più belle –

una stella cadente, un fuoco d’artificio.

 

Proprio perché sono privi di un sé,

sono ancora più belli.

Che cosa c’entra un sé con occhi bellissimi?

 

Voglio contemplare i tuoi bellissimi occhi,

anche se so

che non dureranno,

anche se so

che non hanno un sé.

 

I tuoi occhi sono bellissimi.

Sono cosciente che sono impermanenti.

Che cosa è sbagliato dell’impermanenza?

Senza impermanenza potrebbe proprio esistere qualsiasi cosa?

 

I tuoi occhi sono bellissimi.

Mi è stato detto che non sono te, che sono privi di un sé.

Che cosa è sbagliato della natura del non-sé?

Con un sé potrebbe esserci proprio qualsiasi cosa?

 

Comunque, anche se i tuoi occhi sono solo fatti dai sei elementi,

anche se sono impermanenti,

anche se non sono te,

sono comunque bellissimi

e voglio contemplarli.

Voglio provare il piacere di guardarli fino a che essi ci sono.

 

Sapendo che i tuoi occhi sono impermanenti,

me li godo senza provare a farli durare per sempre,

senza provare ad afferrarli o riprodurli o farli miei.

Amando i tuoi occhi rimango libero.

 

Amando i tuoi occhi,

imparo ad amarli profondamente.

Vedo i sei elementi che sono i tuoi occhi,

i sei meravigliosi elementi.

Questi elementi sono talmente belli…

E imparo ad amare anche loro.

 

Ci sono così tante cose che amo –

i tuoi occhi, il cielo azzurro,

la tua voce, gli uccelli sugli alberi,

il tuo sorriso e le farfalle sui fiori.

Imparo ogni momento

ad essere un amante migliore.

Imparo ogni momento

a scoprire il mio vero amore.

 

I tuoi occhi sono bellissimi.

Lo è anche la tua voce, il tuo sorriso,

il cielo,

gli uccelli,

le farfalle.

Li amo. Faccio il voto di proteggerli.  Sì.

So che amare è rispettare.

E la riverenza

è la natura del mio amore.

 

(trad. Bar Zecharya)

POESIA D’AMORE

LOVE POEM

 

 

I tuoi occhi sono composti dai sei elementi –

terra, acqua, fuoco, aria,

spazio e coscienza.

Sono fatti solo da essi,

però sono bellissimi.

Dovrei farli miei?

Dovrei provare a farli durare a lungo?

Dovrei provare a farne una riproduzione?

Però so che ciò che potrei riprodurre

non sarebbero i tuoi veri occhi.

 

La tua voce è composta dai sei elementi,

ma è davvero splendida.

Dovrei provare a farla mia?

Dovrei registrarla?

So però che ciò che potrei afferrare o registrare

non sarebbe la tua vera voce.

Ciò che otterrei sarebbe solo un’immagine,

un nastro magnetico,

un dipinto

o un libro.

 

Il tuo sorriso è composto dai sei elementi,

però è davvero meraviglioso.

Dovrei provare a farlo mio?

Dovrei provare a farlo durare a lungo?

Dovrei provare a possederlo o registrarlo?

So però che ciò che potrei possedere o registrare

non potrebbe essere il tuo vero sorriso.

Sarebbero solo alcuni degli elementi.

 

I tuoi occhi sono impermanenti,

i tuoi occhi non sono te.

Sì, mi è stato detto,

e l’ho visto,

sono però comunque bellissimi.

 

Proprio perché sono impermanenti,

sono ancora più belli.

Le cose che non durano a lungo

sono le cose più belle –

una stella cadente, un fuoco d’artificio.

 

Proprio perché sono privi di un sé,

sono ancora più belli.

Che cosa c’entra un sé con occhi bellissimi?

 

Voglio contemplare i tuoi bellissimi occhi,

anche se so

che non dureranno,

anche se so

che non hanno un sé.

 

I tuoi occhi sono bellissimi.

Sono cosciente che sono impermanenti.

Che cosa è sbagliato dell’impermanenza?

Senza impermanenza potrebbe proprio esistere qualsiasi cosa?

 

I tuoi occhi sono bellissimi.

Mi è stato detto che non sono te, che sono privi di un sé.

Che cosa è sbagliato della natura del non-sé?

Con un sé potrebbe esserci proprio qualsiasi cosa?

 

Comunque, anche se i tuoi occhi sono solo fatti dai sei elementi,

anche se sono impermanenti,

anche se non sono te,

sono comunque bellissimi

e voglio contemplarli.

Voglio provare il piacere di guardarli fino a che essi ci sono.

 

Sapendo che i tuoi occhi sono impermanenti,

me li godo senza provare a farli durare per sempre,

senza provare ad afferrarli o riprodurli o farli miei.

Amando i tuoi occhi rimango libero.

 

Amando i tuoi occhi,

imparo ad amarli profondamente.

Vedo i sei elementi che sono i tuoi occhi,

i sei meravigliosi elementi.

Questi elementi sono talmente belli…

E imparo ad amare anche loro.

 

Ci sono così tante cose che amo –

i tuoi occhi, il cielo azzurro,

la tua voce, gli uccelli sugli alberi,

il tuo sorriso e le farfalle sui fiori.

Imparo ogni momento

ad essere un amante migliore.

Imparo ogni momento

a scoprire il mio vero amore.

 

I tuoi occhi sono bellissimi.

Lo è anche la tua voce, il tuo sorriso,

il cielo,

gli uccelli,

le farfalle.

Li amo. Faccio il voto di proteggerli.  Sì.

So che amare è rispettare.

E la riverenza

è la natura del mio amore.

(trad. Bar Zecharya)

TU SEI IL MIO GIARDINO – YOU ARE MY GARDEN

 

Un albero muore nel mio giardino.

Lo vedi,

però vedi anche altri alberi

che sono ancora vigorosi e pieni di gioia.

 

E ne sono grato.

 

So che un albero muore nel mio giardino,

ma non lo vedo

come fosse l’intero giardino.

 

Ma ho bisogno che tu me lo ricordi.

 

Mi è stato detto di prendermi cura del giardino

lasciatomi dai miei antenati.

Un giardino ha sempre alberi belli

e altri che non sono così sani.

Questo è il motivo per cui

dobbiamo prendercene cura.

 

Tu sei il mio giardino

e so di dover praticare come giardiniere.

 

Avevo visto un giardino vecchio e trascurato,

dove però i ciliegi e i peschi

ancora fioriscono meravigliosamente

e sempre al tempo giusto.

(trad. Bar Zecharya)

DISINNESCAMI  – DEFUSE ME

 

Se io fossi una bomba

pronta ad esplodere,

se io fossi diventato

pericoloso per la tua vita,

dovresti quindi prenderti cura di me.

Pensi di poter scappare da me,

ma come?

Sono qui, proprio in mezzo a voi.

(Non mi puoi togliere dalla tua vita.)

E potrei esplodere

in qualsiasi momento.

Ho bisogno della tua cura.

Ho bisogno del tuo tempo.

Ho bisogno che tu mi disinneschi.

Sei responsabile per me,

perché hai fatto voto (e l’ho sentito)

di amare e di prendere cura.

 

So che per prenderti cura di me

hai bisogno di molta pazienza,

molta calma.

Mi rendo conto che anche in te

c’è una bomba da disinnescare.

Quindi perché non ci aiutiamo l’un l’altro?

 

Ho bisogno che tu mi ascolti.

Nessuno mi ha ascoltato.

Nessuno capisce la mia sofferenza

compresi coloro che dicono di amarmi.

Il dolore dentro di me

mi sta soffocando.

E’ il tritolo

di cui è composta la bomba.

Non c’è nessun altro

che mi ascolterebbe.

Perciò ho bisogno di te.

Sembra però che tu ti stia allontanando

Vuoi affannarti per la tua sicurezza,

una sicurezza che non esiste.

 

Non ho creato io la mia personale bomba.

Sei tu.

E’ la società.

E’ la famiglia.

E’ la scuola.

E’ la tradizione.

Quindi per favore non mi dare la colpa.

Vieni ad aiutarmi;

se no, esploderò.

Questa non è una minaccia.

E’ solo una supplica.

Ci sarò per aiutarti

quando toccherà a te.

(trad. Bar Zecharya)

——

FERMARE LA RUOTA – STOPPING THE WHEEL

 

CHI sta attraversando il samsara?

Se dobbiamo fermare il samsara,

il samsara di CHI deve essere fermato?

 

Afflizioni e dolori attraversano il samsara

e noi dobbiamo fermarli per fermare la continuazione del ciclo.

 

Ma chi è colui che porta sulle spalle queste afflizioni e dolori?

Le afflizioni non hanno bisogno di qualcuno che le porti sulle spalle.

Attraversano il samsara per conto proprio.

 

Che succederà quando il samsara sarà  fermato?

Il samsara accadrà di nuovo.

Perché preoccuparsi di fermarlo?

Quando la ruota del samsara del malessere si ferma,

la ruota del samsara del benessere comincia a girare.

 

Il fermare il malessere dà l’avvio all’inizio del benessere,

Ma il benessere è ancora samsara.

Il benessere deve attraversare il samsara

perché sempre ne abbiamo bisogno

in ogni momento della nostra vita.

 

Perché dovresti volere che il sorriso del bimbo non ci sia più.

Perché dovremmo bandire la brezza di primavera?

Por fine al samsara

è trasformare la sofferenza

e la sofferenza è la sostanza

che crea la felicità.

 

Non ti preoccupare troppo, amica mia,

persino la sofferenza è necessaria in questo mondo.

(trad. Cristiana Gentili)

 

GIRASOLE – SUNFLOWER

 

Vieni, mio caro, e coi tuoi occhi  innocenti

Guarda nel limpido oceano blu del Corpo degli insegnamenti (Dharmakaya)

guarda nelle sfumature verdi,

manifestazione dell’Unicità (tathata).

 

Anche se il mondo è sconvolto,

il tuo sorriso non svanirà.

Cosa possedevamo ieri?

Cosa lasceremo oggi?

 

Vieni, mio caro, guarda dentro l’esistenza,

abbellita dall’illusione.

Finché il girasole ci sarà,

gli altri fiori si gireranno per contemplarlo.

 

(TNH: Il girasole è prajnaparamita, comprensione trascendente).

(trad. Paolo Giammarroni)
NdT:  Dharmakaya: uno dei 3  cosiddetti corpi del Buddha (dottrina del Trikaya). Con il Corpo dell’Emanazione e quello della Fruizione, è il Corpo che li riassume nella vacuità dell’illuminazione, cioè il Corpo del Dharma o della Realtà.
Suchness: in sanscrito “Tathata” indica la natura sostanziale di un fenomeno cui non possiamo dare nome. Per questo il Buddha è detto Tathagata, cioè Chi non ha un origine né una fine.
Prajnaparamita: è il concetto cardine del Sutra della perfezione della saggezza, o della conoscenza trascendentale, articolato in quasi 40 testi antichi, fino al VII secolo d.C. Prajna è la saggezza, una delle 6 perfezioni (paramita). L’illuminazione è frutto della comprensione del carattere insostanziale, impermanente, interdipendente dei fenomeni riassorbile nel significato di “vacuità” (sunyata).

NASCITA E MORTE – BIRTH AND DEATH

Versione cinese:

Sheng sheng sheng sì sheng

Sì sheng sheng sì sheng

Sì sheng sheng sheng sì

Sì sheng sì sheng sheng

Dentro tante vite, nascita e morte sono presenti,

producendo nascita e morte.

Nel momento che si manifesta la nozione di nascita e morte,

nascita e morte sono lì.

Appena la nozione di nascita e morte muore,

nasce la vera vita.

(trad. Paolo Giammarroni)

La poesia fu scritta nel 1974, durante una conferenza del Consiglio mondiale delle Chiese, in Sri Lanka. L’originale è giocato sulla ripetizione di due sillabe cinesi: sheng / vita o nascita e / morte o morire. Sono miscelate per ottenere il senso qui riassunto.


ENTRARE NELLA CORRENTE – GETTING INTO THE STREAM

 

Ogni monaco ha un angolo di tappetino,

un posto dove sedersi a meditare.

Lì, oh monaco, rimani seduto in silenzio.

La Terra in movimento ci trascina con sé.

Il posto in cui si è seduti è come il sedile di seconda classe di un treno.

Il monaco scenderà infine alla sua stazione

e il suo posto verrà liberato per qualcun altro.

 

Quanto tempo dovrà sedere il monaco

sul suo angolo di tappetino?

Comunque rimani seduto in silenzio.

Non sederti come se non dovessi mai lasciarlo,

come se non ci fosse nessuna stazione d’arrivo.

La locomotiva in fiamme

ti trascinerebbe.

 

Ogni monaco siede nella posizione del loto

su un angolo di tappetino.

Il monaco siede come una montagna enorme ed antica.

La montagna è lì, completamente immobile,

ma, come il monaco, si trova sulla Terra in movimento.

Non rallentato dalla nostra paura,

questo nostro treno,

questo motore pieno di fuoco,

procede a gran velocità.

 

Questa mattina

il monaco siede come sempre

sul suo angolo di tappetino.

Ma sorride.

“Non starò qui seduto per sempre”, dice a se stesso.

“Quando il treno arriverà alla stazione,

io sarò da un’altra parte.

Su un angolo di tappetino

o su una bracciata d’erba –

Starò seduto

ancora una volta”.

 

TNHT: I frutti della vita spirituale o della meditazione sono di quattro tipi. Se entri nella corrente sai che arriverai presto, perché la corrente va verso l’oceano. Allora vieni chiamato “Colui che entra nella corrente”. Il secondo frutto è chiamato “Colui che torna una volta”,  se dovrai tornare ancora una sola volta. Il terzo frutto è “Colui che non torna più” e otterrai la liberazione in questa vita. Il quarto frutto è l’”Arhat” (l’eremita), quando sarai completamente liberato dal ciclo di nascita e morte.

Nei monasteri buddhisti i novizi recitano due volte al mese un testo del Maestro Qui Shan, intitolato “Esortazione ai praticanti”. Ai monaci viene raccomandato di praticare in maniera diligente perché la vita è breve e non possiamo controllare il tempo. Ogni sera durante la preghiera cantiamo: “La giornata è trascorsa. La vita si è accorciata. È come la situazione di un pesce che trova il livello dell’acqua sempre più basso. La comunità dovrebbe impegnarsi a fondo per ottenere la liberazione”.

Alcuni monaci hanno pensato che questa poesia fosse un attacco contro di loro, ma non è vero. È stata scritta con grande dolore e compassione. “Una manciata d’erba” è ciò di cui il Buddha aveva bisogno prima dell’illuminazione. Aveva sperimentato molti metodi ascetici, ma non aveva avuto successo. L’ascetismo non è la via: è un estremo come gli altri estremi. Il Buddha decise di interrompere il digiuno. Bevve del latte, mangiò un po’ di riso e si sentì di nuovo bene. Ebbe l’impressione che aveva solo bisogno di fare uno sforzo finale per aver successo. Tagliò della fresca erba verde “kushan”, preparò il posto della seduta e rimase fermo con grande determinazione. “Rimarrò seduto ancora una volta. Non mi alzerò fino a quando non avrò raggiunto l’illuminazione”. E così la ottenne.

(trad. Giuliana Mariniello)

——–

ANGOLI ZEN – ZEN CORNERS

 

C’è un solo centro zen,

ma ci sono molti angoli zen.

 

Non importa.

Un angolo è un centro

e un centro non è che un angolo.

 

Dappertutto noi cantiamo:“La forma è vuoto.

La forma non è che vuoto.”

(trad. Giuliana Mariniello)

NON-RANEITA’ – FROGLESSNESS

 

Il primo frutto della pratica

è la realizzazione della Non-raneità!

Quando una rana viene posta

al centro di un piatto,

salta fuori dal piatto

dopo appena pochi secondi.

Se metti di nuovo la rana

al centro del piatto,

lei salterà fuori di nuovo.

Tu hai così tanti progetti.

C’è qualcosa che vuoi raggiungere.

Per questo tu vuoi sempre fare un salto,

un salto in avanti.

E’ difficile

mantenere la rana ferma

al centro del piatto.

Tu ad io

entrambi abbiamo la Natura di Buddha in noi.

Questo è incoraggiante,

ma tu ed io

entrambi abbiamo anche la Natura di Rana in noi.

E’ questa

la prima conquista

della pratica:

Non-raneità è il suo nome!

(trad. Stefania Petrosillo)

GIRARE IN CIRCOLO – Going in circles

 

Fermati, per favore,

tu che stai girando in circolo.

Perché lo fai?

 

“Io non posso esistere senza muovermi,

anche se non so dove vado. Per questo

vado in circolo”.

 

Fermati, per favore,

tu che stai girando in circolo.

 

“Ma se mi fermo,

smetterò di esistere”.

 

Oh, amico che giri in circolo,

tu non sei uno col folle trip di andare in circolo…

Goditi pure l’andare,

ma non il girare a vuoto, in circolo.

 

“E dove posso andare?”

 

Vai dove troverai la persona amata,

dove potrai trovare te stesso.

(trad. Paolo Giammarroni)

I RAGAZZI DELL’ARCOBALENO –The rainbow children

 

Mi svegliai, ma

il sogno proseguì.

Affascinato mi vidi dentro un museo

dove tutti i ricordi d’infanzia erano messi in mostra.

 

La luna di una terra selvaggia

filtrata attraverso le barre di bambù della finestra

immergeva il giovane in un sonno profondo,

dove continuava il sogno,

un filo d’acqua

in un sereno lago autunnale.

 

Amico mio, perché offrire una poesia ad un uccello canterino,

ad un ciottolo nella corrente limpida,

a un pesce che guizza libero?

 

Che mattino magnifico

su questo chiaro pianeta blu!

In questo momento magico in cui la moltitudine di stelle

Si fonde nella volta celeste,

ragazzi,

ragazzi delle migliaia,

ragazzi di ogni colore,

risalgono la montagna

e guardo poi in basso, con la massima attenzione.

Mi stanno guardando.

 

Ma io continuo a dormire.

Senza aprire gli occhi

stiro il mio corpo, senza fretta,

e aspetto la sorpresa di arrivare!

Perché offrire  una poesia

Alla piccola capanna

Nascosta nel canneto di bambù,

al girasole girato verso la parete,

al cane appisolato e arrotolato nel cortile,

al gatto che insegue raggi di sole

su sopra il pagliaio?

 

L’alba

non somiglia a una nuova pagina nel libro.

Rinascere è una sinfonia

Col suo ricco assortimento di suoni e colori..

Ogni levar del sole è un’ode

a 24 ore nuove di zecca.


LA NOSTRA VERA EREDITA’ – Our True Heritage

 

Il cosmo è pieno di gemme preziose.

Te ne voglio offrire una manciata, stamattina.

Ogni momento che vivi è una gemma,

che brilla intorno e contiene in sé terra e cielo,

acqua e nuvole.

 

Devi imparare a respirare dolcemente

per poter dispiegare miracoli.

Di colpo senti gli uccelli cantare,

i pini fremere,

vedi i fiori sbocciare,

il cielo blu,

le nubi bianche,

il sorriso e l’aspetto splendido

di chi ami.

 

Tu, la persona più ricca della Terra,

sei stato costretto a elemosinare in giro un mezzo di sostentamento,

basta di essere il figlio povero!

Torna e richiedi la tua eredità.

Dovremmo apprezzare la nostra felicità

e offrirla a ciascuno.

Abbi cura di questo prezioso momento.

Sganciati dal flusso delle angosce

e stringi la vita pienamente, tra le tue braccia.

 

Sono le parole di una canzone scritta a Plum Village nel 1990 durante il ritiro invernale. Sono ispirate alla parola del figlio diseredato nel “Sutra del Loto” e anche dall’idea di generosità nel “Sutra del Diamante”.

(trad. Paolo Giammarroni)

LA BUONA NOTIZIA – THE GOOD NEWS

 

“Loro” non pubblicano
le buone notizie.
La buona notizia la pubblichiamo noi.
Abbiamo una edizione speciale in ogni momento
e abbiamo bisogno di voi per leggerla.
La buona notizia è che sei vivo
e l’albero di tiglio è ancora lì,
che si erge saldo nel duro inverno.
La buona notizia è che hai occhi meravigliosi
per toccare il cielo azzurro.
La buona notizia è che il tuo bambino è lì davanti a te e le tue braccia sono a disposizione:
abbracciare è possibile.

“Loro” stampano solo ciò che è sbagliato.
Guardate in ciascuna delle nostre edizioni speciali.
Noi offriamo sempre le cose che non sono sbagliate.
Vogliamo che tu tragga beneficio da esse
e che contribuisci a proteggerle.
Il dente di leone è lì lungo il marciapiede,
sorridendo col suo sorriso meraviglioso,
cantando la canzone dell’eternità.
Ascolta! Hai orecchie che possono sentirla.
China la testa.
Ascoltala.
Lascia alle spalle il mondo del dolore
e delle preoccupazioni, sentiti libero!

L’ultima buona notizia
è che puoi farlo.

(Plum Village, marzo 1992)

(trad. Stefania Petrosillo)

TOCCARE LA TERRA – Bhumisparsha

 

E arriva la Morte

con la sua falce impressionante

E dice:

“Dovresti aver paura di me!”

Io la guardo con rispetto e domando:

“Perché mai?”.

“Perché dipende da me se sarai morto

e diventerai inesistente”.

“E come puoi rendermi inesistente?”

 

La Morte non risponde

e oscilla la falce.

 

Allora dico:”Io posso andare e venire. Ritorno e vado ancora.

Però torno sempre. Tu non puoi farmi né esistente né inesistente”.

“Come sai – mi chiede – che tornerai ancora?”

“Lo so – rispondo – perché l’ho fatto infinite volte.”

La Morte è accigliata:”Chi mi dice che racconti la verità?

Chi può testimoniare per te?”

 

Tocco la Terra e dico:

“La mia testimone è la Terra. Lei è mia madre”.

 

Di colpo, la Morte sente la musica.

Di colpo, la Morte sente uccelli cantare in tutte le direzioni.

Di colpo, la Morte vede fiorire gli alberi…

Ecco, la Terra si manifesta alla Morte

e le sorride amichevole.

La Morte si scioglie davanti allo sguardo fermo della Terra.

 

O miei amati,

toccate la Terra ogni volta che siete sgomenti.

Toccatela profondamente

e il vostro dolore scivolerà via.

Toccatela profondamente

e potrete toccare l’Immortale.

 

NdT: Bhumisparsha: è il gesto (mudra) delle statue del Buddha che con il palmo sinistro tiene una ciotola di monaco e con la destra le dita puntano in basso. Ai suoi piedi scorre impetuoso il fiume sacro di Bhu Devi, che ha spazzato via Mara e le sue tentazioni. E’ il “Toccare la terra”. L’Illuminato chiama a testimone dell’avvenimento sotto il fico la dea della Terra, Sthavara. Nella pratica di Plum Village il Toccare-la-terra è una meditazione prostrata, riflettendo su singoli temi.

(trad. Paolo Giammarroni)

PRENDENDO RIFUGIO –Taking refuge

 

Inspirando, ritorno

all’isola dentro di me.

Ci sono alberi meravigliosi

nell’isola.

Ci sono limpidi ruscelli

e uccelli.

Il sole spolende,

l’aria è fresca.

Espirando,

mi sento al sicuro.

Mi godo il ritorno alla mia isola.

 

Inspirando consapevolmente,

incontro il Buddha dentro di me.

Buddha è consapevolezza.

La sua luce è sempre qui

a illuminare il mio cammino.

Il cammino per venire,

il cammino per andare,

il cammino della mia mente,

il cammino della mia vita.

Espirando consapevolmente,

vedo chiaro il mio cammino,

lontano o vicino che sia.

 

Inspirando,

trovo il Dharma nel mio respiro.

Il respiro mi protegge,

protegge il mio corpo,

protegge il mio spirito.

Espirando,

tengo vivo il respiro,

perché continui a proteggermi.

 

Inspirando,

riconosco i cinque skandhas

come mio Sangha.

Il respiro instaura armonia.

Il respiro genera pace.

Espirando

mi godo l’ Unicità

del mio essere.

(trad. Paola Benigni)

NdC. Cinque skandhas: Nella dottrina buddhista sono i costituenti della persona empirica, che è tradizionalmente scomposta nei cinque aggregati,  ovvero:

  1. il corpo, rūpa;
  2. i sei sensi (la vista, l’udito, il gusto, l’odorato, il tatto e la mente) ;
  3. le sensazioni, vedana;
  4. le percezioni, saññā;
  5. la coscienza, viññāna

AD OGNI PASSO – EACH STEP

 

Passando oltre la deserta uscita,

colma di foglie macerate a terra,

tengo i miei passi sul sottil sentiero.

La Terra è rossa come labbra di bambino.

D’improvviso,

ad ogni passo che faccio,

mi risveglio.

 (trad. Tiziana Faggiani)